“Lo so, ma non lo faccio” – cosa fare se anche l’esempio educativo non funziona?

“Per mia abitudine a merenda mangio sempre un mix di frutta a guscio che mi porto da casa. Un giorno un mio studente osservandomi durante la ricreazione mi si è avvicinato e ha esclamato: – Adesso ho capito perché lei mangia i semi e non le merendine! Perché fanno bene alla salute! – Poi è andato via continuando a sgranocchiare le sue patatine fritte …”

Insegnante della Scuola Secondaria di 1° grado Centro Studi Volta di Udine

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La conoscenza non basta al cambiamento. Alzi la mano chi non ha mai visto un dottore che fuma; se invece, come me, ha visto perfino un oncologo fumare vince 10 punti in rassegnazione.

Conoscere è un primo passo ma il cambiamento, per fortuna, arriva attraverso diversi accessi alla persona. La nostra intelligenza è formata da tante intelligenze di natura diversa. Ecco perché la scuola non è solo un veicolo di informazioni; il modo con cui si insegna, l’esempio, la capacità di dare sicurezza, sorreggere l’autostima, evitare la costrizione e ben equilibrare le possibili valutazioni ne fanno un luogo di educazione.

GLI OSTACOLI

Lo studente dello spunto sa probabilmente già tutto: sa quali alimenti andrebbero evitati, vede il cibo dell’insegnante come salutare e l’insegnante come una persona che si vuole bene.

Ma vede anche la pubblicità in cui calciatori famosi mostrano che mangiando patatine si resta comunque in forma. Le patatine sono poi cibi veloci da consumare, facili da condividere con i compagni, e i genitori talvolta offrono scarsa opposizione per evitare il possibile scontro generazionale.

Su tutto questo influisce anche la particolare conformazione del cervello in sviluppo, molto più attratto dalle sensazioni forti anche nel gusto, piuttosto che a sollecitazioni più raffinate.

Abbiamo però anche delle possibilità.

LE OPPORTUNITÀ

  • Più gli studenti hanno conoscenze, più aumentano le possibilità di scelta. Le altre situazioni rafforzano scelte già fatte. Riflettere insieme sulla libertà personale è un argomento sensibile e doveroso.
  • Consideriamo anche che un ragazzo o una ragazza di Scuola Secondaria di primo grado desiderano cambiare. Non si sentono soddisfatti della loro situazione incerta (di pensieri, di corpo, di sentimenti). La natura li ha forniti di una spinta interna al rinnovamento più forte di quella degli adulti
  • Gli stessi ragazzi sono ancora in azione di ricerca. Abitudini, sia positive che negative, non hanno ancora avuto un tempo per consolidarsi e sono in attesa di strutturarsi nel grande tsunami dell’adolescenza.

IL CONSIGLIO DEL PEDAGOGISTA

Agli insegnanti consiglio quindi di:

  • Perseverare nell’aumento delle conoscenze sul tema e soprattutto nei “cortocircuiti di salute” che trovano tra le diverse materie: la storia è fatta anche di cibo disponibile, la geografia determina il cibo degli uomini, l’arte mostra il cibo e i corpi nel tempo, …
  • Mantenere l’esempio personale; siete gli adulti reali che parlano direttamente agli studenti e ricevono le loro domande e le loro risposte. Non siete virtuali.
  • Condividere con gli studenti azioni “salutari” per gli altri: con i vostri studenti potete fare un video, preparare merende, una lezione alle altre classi. Studenti protagonisti diventano modelli e si impegnano su se stessi per essere tali. 
  • Essere al loro fianco per rassicurarli e poter continuare quando non manterranno le attese verso se stessi (e spesso sono molto più esigenti di un adulto).

Se non mancano conoscenze, ai nostri studenti, mancano tempo ed esperienza. Noi adulti educanti siamo coloro che li accompagnano, con cura e rispetto, nella fase più difficile dell’allenamento alla vita. Siamo coloro che fanno fatica con loro, e loro lo sanno.