Ma stai giocando?!

Testi Luciano Franceschi, pedagogista e formatore CEMEA e Michela Caputo, redattrice per Le Buone Abitudini e autrice di libri per bambini

Qualcuno lo definisce un’illusione cosciente, e forse non c’è spiegazione migliore per capirlo a fondo e comprenderne l’importanza. È un territorio che resta indefinito, dove il vero e il falso si confondono; è l’esserci e non esserci nel medesimo tempo; signori e signore, in una parola sola è il gioco, e nessuno può farne davvero a meno. 

Nel mio lavoro di pedagogista, quando un adulto mi dice che non gioca più, io non gli credo. Probabilmente ritiene che sia una cosa di cui vergognarsi un po’, un’attività da bambini, poco seria a una certa età. Un pensiero molto diffuso, in realtà, tanto che esistono a riguardo numerosi modi di dire sminuenti: “qui non stiamo giocando”, “smettila di giocare e comportati bene”, “non prendertela, è un gioco”. 

Eppure il gioco è una nostra componente vitale. Una parte di noi che sviluppiamo forse ancor prima di nascere (si dice addirittura che il feto giochi con il cordone ombelicale e che i gemelli, immersi nel liquido amniotico, compiano gesti “inutili” l’uno con l’altro), che coltiviamo con l’esperienza, che spinge a conoscere, a rischiare ciò che è nuovo, e che ci dà contentezza. In ogni fase della crescita, correndo dietro a un pallone ma anche ballando, facendo teatro e arte, leggendo un libro, … il gioco ruba il tempo alla vita ordinaria e ce la restituisce più leggera.

Nell’infanzia, non serve un pedagogista a spiegare che un bambino che non gioca ha qualcosa che non va. L’attività ludica è, difatti, fondamentale per lo sviluppo globale dei piccoli, poiché, nascosto dentro il piacere, il gioco diventa il motore che li aiuta a continuare le loro esplorazioni, esperienze e conoscenze, oltre le possibili frustrazioni. Per gioco il bambino si muove e si appropria dello spazio, per gioco tenta le prime parole e sorride nella conquista delle prime sillabe.

A noi adulti, dunque, il fondamentale compito di curare consapevolmente la dimensione di gioco, accrescendo e accompagnando le occasioni ludiche dei più piccoli. Per farlo, proviamo a partire da qui:

  1. Mettiamoci a terra. Un gioco che ben si presta sono, ad esempio, le costruzioni: senza incastri e possibilmente di legno, aiutano a coordinare il pensiero con la mano, a trovare soluzioni (l‘equilibrio), a catalogare e trovare le serialità e le funzioni. Come genitori e educatori godiamoci (giochiamoci) la visione della motricità fine delle mani del bambino, e del muoversi con il corpo attorno al costruire.
  2. Mettiamo a disposizione materiali per costruire luoghi nascosti (coperte da stendere sui tavoli, scatoloni giganti, tende), per poter garantire l’avventura, la magia di stare “dentro” una storia da confrontare con la realtà che sta fuori. Mettiamoci a disposizione per costruire insieme questi luoghi “altri”.
  3. Giochiamo a raccontare e a raccontarci. Il tempo di narrare o chiedere alcune cose è anch’esso tempo di gioco. È un modo di conoscersi piacevolmente, svelati o velati dal gioco (chi può dire, infatti, se uno mente?). Giocare a Cinque di … può aiutarci in questo, adattando gli elenchi all’età del bambino ma sempre accoglienti e curiosi di cosa ci chiederà lui. 

Il pedagogista consiglia

Cinque di…

Cinque di … è un gioco da fare in compagnia, tra conoscenti e non, per divertirsi raccontando anche un po’ di se stessi.

  • Ogni partecipante compila tre carte che chiedono di elencare cinque parole relative a una categoria riguardante la propria vita: “Elenca cinque viaggi che ricordi con piacere, cinque attori/attrici di cui ti sei innamorato/a, cinque film che vorresti rivedere (o che non vorrai mai più vedere), cinque cibi che ti piacciono (oppure no), …”
  • Una volta formate le carte, si costruisce un mazzo che verrà affidato a turno a tutti i giocatori. Il giocatore che ha il mazzo estrae una carta e la legge ad alta voce.
  • Ognuno scrive, quindi, su un foglietto il proprio elenco personale e lo consegna nascosto al mazziere. Avuti tutti gli elenchi, il mazziere, senza dare indicazioni, li legge e tutti esprimono su un nuovo foglio un pronostico su a chi appartengono. Chi ha associato correttamente il maggior numero di elenchi e persone, ha vinto la manche. Se nessuno ha più voglia di raccontare, si cambia mazziere e si continua.

Buon gioco!

Consigli di lettura

Ormai un classico, ma non per riesumare un tempo perduto. C’è invece quella situazione che si è persa del giocare dove prima ancora del gioco in sé, era gioco anche la ricerca dei materiali e la costruzione degli oggetti di gioco, che significa indipendenza e creatività del bambino. Disegni molto puliti, utili a capire come mettersi con il corpo e uniti a chiare e semplici indicazioni. Leggendolo anche l’adulto ritrova e rinnova il suo giocare bambino grazie a piccoli particolari che solo chi ha già giocato può apprezzare.