“Costretti a farlo” – come trasmettere al meglio la conoscenza in famiglia?

“I genitori ci hanno detto espressamente di “essere costretti” dai ragazzi a mettere in atto alcuni comportamenti verso un’alimentazione più sana”.

Insegnante della Scuola Primaria Vittorino da Feltre di Noale

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Un bambino che riesce a trasportare il sapere dalla scuola a casa è prima di tutto un bambino contento del proprio sapere. Non vede l’ora di continuare il piacere della conoscenza condividendola con chi è più importante per lui.

Un genitore che, stimolato da un bambino, si sente costretto a mettere in atto azioni positive è un adulto in ascolto di quel bambino, un adulto che non ha paura di mettersi in discussione se quanto viene detto è utile e di valore.

LA CONDIVISIONE

Essere costretti”, quindi, da chi? Dal bambino o da tutta una situazione che i genitori stessi hanno avviato? Dialogo, riflessione, scelta vengono prima dell’azione e, solo se sono presenti, un bambino si sentirà libero di chiedere cambiamenti ai propri genitori. Quindi … perché lamentarsi? 

Troppe volte non ricordiamo che se noi abbiamo creato dei figli, questi hanno creato dei genitori. E troppe volte dimentichiamo che non sono i pensieri, le azioni, le proposte dei bambini a essere educativi, ma le nostre risposte. I loro stimoli sono la personale ricerca di trovare un ordine utile al mondo che li circonda, e se attraverso tale ricerca mettono in crisi il nostro ordine, significa che ci stanno aiutando a migliorare. Significa che, quindi, la loro azione di generatori di genitori la stanno facendo.

L’AFFETTO

Ricordiamoci sempre di essere in un contesto di affetto. Gli errori sono giustificabili dal fatto che ci sentiamo investiti del compito di insegnare al bambino a “stare al mondo”, ma quando l’oggetto del nostro amore diventa soggetto, dobbiamo lasciargli rivendicare la volontà di correggere il contesto attorno a lui.

Non sempre questo dialogo è fatto di parole. Penso spesso al fatto di essere stato fumatore e di avere smesso quando è nata la mia prima figlia: l’affetto per i figli ci fa fare grandi cose in ogni fase della loro vita, e ci offre occasioni di cambiamento in qualsiasi età della nostra vita.

Certo a volte siamo incapaci di sostenere le critiche di un figlio o accusiamo gli insegnanti di educare in forma diversa dalla nostra. Ma è un grande segno di debolezza non pensare cheil rapporto privilegiato genitore/figlio non sia più forte di qualsiasi altra interferenza. O nasconde il rendersi conto di non aver fatto la propria parte.

IL CONSIGLIO DEL PEDAGOGISTA

Gli insegnanti allora possono continuare a fare il proprio mestiere: se un alunno o un’alunna “costringono” i genitori a cambiare abitudini svantaggiose, ci vedo solo un grande atto di amore, un preoccuparsi della salute di chi ha dato e continua a dare sostegno alla vita del figlio/a. Preoccupatevi di più di chi non lo fa e parlate senza imporre azioni da trasmettere a casa. I bambini sapranno modulare l’affetto nel modo più appropriato.

Piuttosto, fornite maggiori occasioni di confronto in ambiente scolastico sull’educazione alimentare, in modo da mostrare agli adulti le occasioni date ai loro figli e da fornire ai bambini un sostegno per non sentirsi, tra scuola e casa, in due mondi diversi.

I figli ci hanno cambiato la vita, ma ci cambiano anche come persone. Questo è un altro bell’argomento per un dibattito tra insegnanti, genitori e figli.

Come favorire il dialogo tra scuola e famiglia? Scopri il consiglio di Luciano Franceschi