Manteniamo i piedi per terra e siamo realistici. Non sogniamo troppo, accontentiamoci della situazione conosciuta. In fondo i nostri piedi appoggiati al terreno hanno anche questa funzione: darci sicurezza.
Perché, allora, i nostri bambini e i loro piedi si ribellano alle certezze perpetue che come adulti spesso vogliamo imporre? Nonostante i divieti continuano a salire uno scivolo al contrario, ad appendersi a testa in giù, a tentare di salire su un albero.
Nella mia esperienza di pedagogista ho compreso che in realtà i nostri piedi non sono nati per stare fermi. La terra è certo un contatto naturale per l’essere umano ma proprio questo contatto ci ha portati nella storia a sollevarci in posizione eretta, a camminare, a migrare in tutti i luoghi. Mettere un piede a terra è stato un atto evolutivo e, allo stesso modo, anche per il bambino che cresce imparare a camminare costituisce una grande conquista.
Noi adulti, però, fin da subito rischiamo di interrompere questo contatto con il terreno. Mettiamo dei calzettini, poi passiamo il prima possibile alle scarpe e sempre più si registra la tendenza a far sì che questi piedi restino fermi, che la sicurezza data dal contatto con il suolo non sia un preludio di esplorazione, ma uno stare al sicuro. Se proprio devono muoversi si prepara un territorio cerebrale, un parchetto giochi standardizzato, dove muoversi sia uguale in qualunque posto ci si trovi, in Trentino come in Sicilia.
Anche lo sport in questa visione si organizza a standardizzare il gesto (escludendone altri), a eliminare il pericolo, a ripetere infinite volte un movimento per renderlo performante e addestrato, salvo poi accorgersi che per ottenere alti risultati questa istruzione forzata spesso mette a rischio la salute.
La motricità di base dei bambini di oggi, così, è compromessa da tutta una serie di restrizioni che il gioco libero ha avuto. Il piede addestrato non è esploratore ma ripetitore: è frutto di una sicurezza totale che è impossibile da ottenere; ha perso quella possibilità di “essere pronto” all’inatteso, di essere strumento per cercare nuove sicurezze e nuovi equilibri in situazioni inesplorate. Il gioco libero, d’altro canto, chiede al piede una pratica che dovrebbe cominciare fin dai primi passi.
I pediatri consigliano dove c’è sicurezza, di lasciare che il bambino muova i primi passi scalzo sui diversi terreni, dal pavimento di casa, alla sabbia, all’erba del giardino. Un’esplorazione sensoriale che porta benessere dal punto di vista della salute e attiva processi di autoeducazione: ci si sente più sicuri, si ha un migliore rapporto con il proprio corpo, si misura meglio il mondo attraverso le sensazioni e si crea uno sviluppo di adattamento e attenzione a ciò che ci circonda. Con le scarpe camminiamo su tutto, a piedi nudi prestiamo attenzione a dove camminiamo e facciamo delle scelte.
I giochi liberi, in natura ma anche in città (che cos’è il parkour se non una evoluzione del camminare su un muretto?), sono grandi fonti di equilibrio dinamico, di concentrazione, di benessere anche interno, per nuove possibilità sconosciute, presa di coscienza conscia e inconscia di vedersi capaci di affrontare situazioni non calcolate.
Nei giochi liberi i terreni cambiano e i piedi si adattano, ma soprattutto il terreno serve per “spiccare il volo”, per staccare i piedi da terra saltando una corda, per arrampicarsi, per iniziare nuove esplorazioni. E, a pensarci bene, abbiamo così tanto staccato i piedi da Terra da arrivare a metterne uno anche sulla Luna.
Il pedagogista consiglia
The floor is lava
A piedi scalzi, ma anche con le scarpe, possiamo fare scelte, rispolverando un gioco tradizionale che chiedeva a chi scappava da qualcuno di salvarsi salendo ovunque si potesse (in Veneto “Tegna alta”), e che ha il suo corrispettivo moderno in “Lava” nel quale, ovunque si sia, se qualcuno vicino urla “the floor is lava” si deve saltare sulla prima cosa che ci alzi dal terreno. Lava potrebbe essere giocato:
- All’interno, a piedi nudi, costruendo percorsi sollevati dal terreno e leggendo e sfruttando tutte le possibilità che non arrechino danno alla casa; per arrivare dalla cucina alla camera da letto, predisponendo sedie o tappeti arrotolati o oggetti robusti, e rendendo via via la situazione più difficile.
- All’esterno, con le scarpe, può essere costruito in base al territorio che si ha a disposizione, usando la tecnica dei tre mattoni dove è più difficile passare: su due mattoni poggiamo i due piedi e con le mani prendiamo il terzo e lo mettiamo davanti a noi. Spostiamo un piede e poi prendiamo il mattone libero per continuare il tragitto, e così via fino ad arrivare a situazioni diverse, come i passaggi sulle panchine o sulle ringhiere.
Un po’ di rischio va accettato, così che i piedi sappiano imparare per gioco a essere pronti, collegati col corpo, abili e reagire all’inaspettato, a sentirsi sicuri dove sicuro non è.c) Consiglio di lettura
Consigli di lettura
Angela, J. Hanscom, Giocate all’aria aperta!: Perché il gioco libero nella natura rende i bambini intelligenti, forti, sicuri, Il leone verde, 2017 Torino
È un invito a giocare liberi nella natura, a rotolarsi per terra, a riappropriarsi di esperienze sensoriali e emotive ludiche, legate al gioco e all’aria aperta. L’autrice parla di epidemia silenziosa nei bambini, di sottrazione di esperienze, di deprivazione di occasioni di autonomia,e suggerisce nello stesso tempo strategie divertenti per superare gli effetti dannosi di questa iperprotezione che porta ad aver timore degli altri, a rassegnarsi alla povertà urbanistica e all’inaccesibilità alla natura, al predominio della ludicità elettronica.